Lettera a Michele

Autore: I. e L. Della Mea                         Anno  1973

 Mio caro Michele, ricordi la lotta, le grida infuocate? “ La fabbrica è nostra, così è la città, è nostra la vita! ”; ma poi qualcosa è cambiato, Michele.

E dopo la lotta, ricordi Michele? con giusta premura si fecero i quadri del nuovo partito, e il termine nuovo non fu così nuovo, non troppo, Michele.

 Mio caro Michele, nel nuovo partito la nuova avanguardia di fatto sono io: ti dò la teoria e la strategia; non è presunzione, Michele, ma è mia.

Mio caro Michele, qui scopri l’errore e dici convinto: “ Se non sono io, da oggi in eterno, per scelta di classe, la vera avanguardia, può tutto avvenire. 

Può tutto avvenire, magari il partito, magari il potere, ma ciò che non viene, che non può venire, sarà il Comunismo ”; tu questo per oggi hai capito, Michele.

E allora, Michele, rifammi compagno e uniti e insieme lottiamo l’errore: per essere nuovi, per esser diversi e comunisti da oggi, Michele. 

Da oggi sappiamo che questo programma avrà tempi lunghi, e non si farà se chi è compagno non imparerà a vivere da compagno, Michele.

 Pigliarsi la fabbrica e poi la città, far nostra la vita, vuoi dire imparare da oggi tra noi il nuovo rispetto, il solo rispetto che è comunista.

 E questo rispetto fra liberi e uguali non è un merletto o un fatto formale: è violenza di classe, rifiuto totale del vecchio errore nascosto tra noi. 

L’errore che ormai possiamo vedere,  l’errore del tuo, del mio potere,   di ogni potere un po’ personale...
  per oggi è tutto; avanti, Michele.

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